Avvicinarsi alla “Persona” significa ascoltare un soggetto proveniente da un’altra dimensione di vita, connotata da forti elementi culturali e religiosi, che tra loro si mescolano creando peculiarità diverse, più o meno intense, a seconda dell’intreccio di fattori storici, economici, politici e sociali.
Incontrare la peculiare Alterità della Persona significa anche, dal punto di vista della professione medica , esercitarsi ad incontrare il “diverso” e lo “sconosciuto”.
L’identità della persona si costruisce attraverso processi attributivi: meccanismi che vengono attivati sia da l’individuo, sia delle altre persone. Essa non si presenta come elemento immediato e originario di autodeterminazione: si configura piuttosto come il risultato della costante dialettica tra sé e l’altro.
A livello di contesto dobbiamo riconoscere che vi è un incontro tra soggetti naturalmente diversi, perché diversa è la loro storia personale e familiare, diverse sono le loro esperienze, la loro struttura di personalità, il loro modo di interpretare e di reagire emotivamente (lettura del mondo); ad un altro livello è necessario recuperare le differenze che sono ancora più marcate sperimentando anche l’incontro tra Persone che appartengono a modelli culturali diversi.
Come sostiene l’antropologo culturale Edward Hall (1990), i modelli culturali pre-esistono l’individuo e su essi le persone si basano per costruire la propria immagine di sé, le proprie relazioni e gli episodi della vita quotidiana.
Ulteriore aspetto importante da evidenziare è rappresentato dalla distanza tra due soggetti.
Nel rispecchiamento reciproco tra l’Io e l’Altro, in quel tratto che segna l’intervallo di spazio tra due soggetti, si può individuare, metaforicamente, ciò che caratterizza la prospettiva dell’incontro, del confronto e del riconoscimento reciproco.
La distanza è anzitutto ciò che permette la relazione identità-alterità: se non ci fosse, nessuna delle due parti avrebbe possibilità di percepire l’altra, esse infatti coinciderebbero.
Dunque la distanza permette di distinguere l’Altro da sé e di coglierne la differenza e, al tempo stesso di conoscere se stessi per negazione, senza il rischio di schiacciamento di un’identità sull’altra.
In un approccio volto a comprendere l’Altro, riconoscendo e tutelando la sua identità personale e disponendosi ad un incontro con essa (che diviene costitutivo anche del proprio sé) si dispiega un “terreno comune”. Ogni persona è artefice e responsabile della propria natura e della propria condotta. Il fine ultimo di ogni esistenza è quello di aver vissuto secondo i valori inestimabili di responsabilità, cura ed equilibrio anzitutto per se stessi e di conseguenza anche per il prossimo.
Vincere la paura del “diverso” significherebbe quindi, diminuire la distanza non solo fra sé e gli altri, ma soprattutto fra Sé il mondo che circonda, concedendosi di cogliere ciò che sosta al di la dei muri che ogni giorno noi stessi erigiamo.