Ho sempre cercato ispirazione negli altri. Non ho mai invidiato la vita di
nessuno. Forse a volte avrei voluto prendere dei pezzi della vita di ognuno per crearne una su misura. Poi mi sono accorta non fosse necessario.
Prendere ispirazione da qualcuno non significa privarlo di qualcosa di proprio.
Ognuno di noi costruisce sulle proprie fondamenta a partire da quello che
impara; ho iniziato quindi a vedere tutti come potenziali insegnanti; dal
passante che ti sorride per strada al reale docente universitario.
Ho studiato 10 anni per diventare quello che sono oggi, ma credo che la scuola migliore resti pur sempre la vita, adornata degli incontri che facciamo ogni giorno, a partire da quando nasciamo.
Mia mamma per esempio mi ha insegnato a respirare ancora prima che uscissi dalla sua pancia. Provate a pensarci, sono sicura che anche le vostre mamme abbiano fatto lo stesso con voi.
Mio papà mi ha insegnato ad aprire gli occhi al mondo con realismo e
disincanto ma pur sempre mantenendo aperto il cuore alle meraviglie che esso ci riserva. È dai nostri genitori che parte la conoscenza.
Conosciamo noi stessi e l’altro attraverso un infinito gioco di specchi.
Ci rivediamo negli occhi di un amico, nell’esperienza raccontata da un perfetto estraneo, sentiamo vibrare le corde della nostra anima ascoltando la voce narrante di qualcuno. Siamo noi nel perpetuo riconoscerci in qualcosa o in qualcuno, come se fossero gli altri a definire chi siamo.
In parte è proprio così; non sarebbe possibile “sapersi” se non potessimo
confrontarci con lo sguardo esterno di qualcuno.
Uno sguardo che potrebbe avvalorare o disconfermare ciò che di noi stessi
pensiamo, ma mai e poi mai annientarlo, se solo sapessimo centrarci ,senza
restare vittime del giudizio altrui.
Nel rispecchiamento reciproco tra l’Io e l’Altro, in quel tratto che segna
l’intervallo di spazio tra due soggetti, si può individuare, metaforicamente, ciò che caratterizza la prospettiva dell’incontro, del confronto e del
riconoscimento reciproco.
La distanza è anzitutto ciò che permette la relazione identità-alterità: se non ci fosse, nessuna delle due parti avrebbe possibilità di percepire l’altra, esse infatti coinciderebbero. Dunque la distanza permette di distinguere l’Altro da sé e di coglierne la differenza e, al tempo stesso di conoscere se stessi per negazione, senza il rischio di schiacciamento di un’identità sull’altra.
Ogni persona è artefice e responsabile della propria natura e della propria
condotta. Il fine ultimo di ogni esistenza è quello di aver vissuto secondo i valori inestimabili di responsabilità, cura ed equilibrio anzitutto per se stessi e di conseguenza anche per il prossimo.